Situazioni problematiche

Non c’è bisogno di riportare dati statistici per rendersi conto che oggi è sempre più difficile che le coppie resistano al tempo: stare in coppia per una vita sembra essere complicato! Un motivo che forse non è conosciuto riguarda il cambiamento del tipo di legame che unisce la coppia. 

Crisi di coppia

Non c’è bisogno di riportare dati statistici per rendersi conto che oggi è sempre più difficile che le coppie resistano al tempo: stare in coppia per una vita sembra essere complicato! Un motivo che forse non è conosciuto riguarda il cambiamento del tipo di legame che unisce la coppia. Oggi alla base della relazione c’è l’amore romantico, inteso come la possibilità di scegliersi liberamente l’un l’altro, senza costrizioni familiari o economiche. Quando il sentimento non viene alimentato, sembrano non esserci altri motivi per restare insieme. Può succedere che una coppia vada in crisi e che la relazione diventi conflittuale: non ci si riconosce più, non si vedono più le qualità positive dell’altro di cui ci si è innamorati, si fa fatica a comunicare e si ha la sensazione di non essere capiti dall’altro.

Una crisi di coppia può succedere per motivi diversi

Tante possono essere le cause, ma alcune accomunano la maggioranza delle crisi di coppia. Un motivo comune riguarda le tempistiche differenti dei partner nella crescita personale, frutto anche di esperienze diverse e di una storia differente. Anche la qualità della comunicazione può influenzare positivamente o negativamente le emozioni, i vissuti e gli stati d’animo. Può incidere anche sui nostri comportamenti e sul modo di interagire con l’altro e a lungo andare può creare situazioni spiacevoli, ferire i sentimenti dell’altro, può compromettere l’equilibrio della relazione e portarne ad una possibile interruzione.

Superare una crisi di coppia non è facile: la paura di perdere l’altra persona si scontra con il conflitto e la difficoltà nel dialogo. Se vi trovate a vivere e a dover affrontare una crisi di coppia, non aspettate che la crisi si risolva da sola perché l’accumulo di tensioni, di rabbia e non detti porta inevitabilmente la coppia ad allontanarsi. Ai primi segnali di difficoltà, occorre prendere degli spazi per un confronto vero.

Quando da soli non si riesce a comunicare il proprio malessere, possiamo chiedere aiuto ad una terza persona che professionalmente ci aiuti a farlo. Un terapeuta può aiutarci a ritrovare e ricordare a voce alta quale sicurezza, quali bisogni e desideri cercavamo nella coppia. Un percorso di terapia di coppia permette di ritrovare i motivi che ci hanno fatto incontrare e gli elementi su cui avevamo costruito il legame, di esprimere a vicenda lo scarto che c’è tra quello che speravamo di trovare e quello che ci troviamo oggi, insieme alla frustrazione, l’infelicità e la rabbia che ciò provoca.

Se nella coppia c’è la volontà condivisa di parlare anche delle cose che non vanno, se entrambi i partner credono ancora nel legame nonostante le incomprensioni e se c’è l’impegno a rinnovare il patto di coppia, tutto può ricominciare e si possono trovare nuovi stimoli e nuove ragioni per stare assieme.

La coppia, anche oggi, può essere una coppia felice e duratura, ma bisogna dedicarle un po’ di tempo e fare una buona “manutenzione” alla relazione di coppia.

Separazione

La chiusura di una relazione, sia essa di fidanzamento, convivenza o matrimonio può essere un’esperienza molto complessa e dolorosa da affrontare che può richiedere tempo, nonché il superamento di diverse fasi. L’intervento dello Psicologo Psicoterapeuta è molto comune in fase di separazione e divorzio. La separazione è collocata, infatti, ai primi posti nella scala degli eventi stressanti ed è, a tutti gli effetti, un trauma che necessita di elaborazione.

 

E’ molto comune che, durante il processo di separazione, si manifesti un disagio psicologico: ansia, rabbia, sensi di colpa, frustrazione, depressione, preoccupazione per il futuro, sono stati emotivi che possono essere prevalenti durante la separazione.

La fine di una convivenza o matrimonio non rappresenta solo la fine di una storia d’amore importante, ma anche la fine di tutto ciò che la convivenza o matrimonio rappresenta a livello psicologico per la persona.

La separazione, oltre ad essere una perdita affettiva importante, racchiude in sé frequentemente, ulteriori perdite: economica, sociale, familiare. Molti punti di riferimento nella vita della persona vengono a mancare, a seguito della separazione: le proprie abitudini, l’economia personale, il rapporto con i figli, così come la propria casa, possono cambiare o subire profonde trasformazioni.

La psicoterapia in casi di separazione ha come obiettivo quello di aiutare la persona ad affrontarla efficacemente, sostenendola durante tutte le fasi di elaborazione, consentendo alla persona di riappropriarsi della propria vita, attraverso lo sviluppo delle proprie risorse personali e sociali.

Lutto

È possibile definire il lutto come quel processo fisiologico che segue la perdita di una persona cara. Per quanto ogni lutto sia un’esperienza differente, ormai è noto come siano rilevabili reazioni ricorrenti. Queste riguardano il susseguirsi di diversi stati mentali, che si possono alternare o mescolare.

Le reazioni normali alla perdita possono essere suddivise in quattro categorie principali:

  • Sentimenti: tristezza, rabbia, colpa e auto-rimprovero, ansia, solitudine, astenia, senso di inaiutabilità, shock, struggimento, emancipazione, sollievo, stordimento.
  • Sensazioni fisiche: sensazione di vuoto gastrico, costrizione toracica, costrizione laringea, ipersensibilità al rumore, senso di depersonalizzazione, sensazione di apnea, debolezza muscolare, mancanza di energia, bocca secca.
  • Cognizioni: incredulità, confusione, preoccupazione con pensieri costanti relativi al defunto, senso di presenza del defunto, allucinazioni.
  • Comportamenti: disturbi del sonno e dell’appetito, sospiri, iperattività, pianto, comportamenti di distrazione, isolamento sociale, evitamento di circostanze relative al defunto, comportamenti di ricerca e richiamo del defunto, visitare luoghi o portare oggetti che ricordano il caro perduto.

 

L’elaborazione del lutto è il processo di rielaborazione legato alla perdita di una persona cara. Può essere molto doloroso ed è solitamente caratterizzato da sentimenti come tristezza, rabbia, colpa o senso di vuoto. Elaborare la perdita è fondamentale per poter riprendere a vivere nuovamente con serenità e per evitare che questa situazione possa cristallizzarsi e creare un trauma che può ripresentarsi nel futuro, sfociando in sintomi e disturbi.

Questo doloroso processo psicologico può innescarsi anche nel caso di una separazione, di un abbandono o alla fine di una relazione importante, il lutto non sempre è legato alla morte vera e propria di una persona: si parla di lutto anche in conseguenza di una separazione o di un abbandono.

La fine di una relazione causa la perdita di una persona cara, anche se viva, e può influire in modo rilevante sulla nostra vita mettendo in crisi la sfera privata e professionale.

L’elaborazione del lutto non è mai facile. Ma se conosciamo le sue diverse fasi, possiamo prendere coscienza di tutte le ripercussioni che la perdita di una persona cara può creare dentro di noi.

La presa di coscienza è fondamentale per poter superare al meglio una fase dopo l’altra.

L’unico modo per uscire da una situazione di perdita è accettarla e reagire. La cosa fondamentale di cui abbiamo bisogno è il tempo. Deve passare il tempo: il dolore non scomparirà ma si addolcirà e la vita, in un modo che oggi sembra impossibile, andrà avanti. In questo processo di elaborazione, potrebbe essere utile rivolgersi a uno psicologo: la terapia può accompagnarci nella razionalizzazione e nell’elaborazione delle nostre emozioni e del dolore.

Genitorialità

La genitorialità rappresenta una funzione assai complessa che incorpora in sé, sia aspetti individuali relativi quindi alla nostra idea (in parte conscia e in parte inconscia) di come un genitore deve essere e, sia aspetti di coppia ossia della modalità relazionale che i partner condividono nell’assolvere questo specifico compito.

Questa complessità spiega come non sia possibile confinare la genitorialità solo nell’evento biologico della nascita ma come, invece, essa produca significativi cambiamenti individuali e relazionali che, saranno presenti ed in continua evoluzione lungo tutto il resto del ciclo vitale degli individui coinvolti. Non si può essere genitori sempre allo stesso modo perché sarà necessario assolvere impegni differenti e adottare modalità comunicative e interattive diverse secondo l’età dei figli.

Tutto ciò implica, quindi, la capacità dinamica di “rivisitare” continuamente il proprio stile educativo, affrontando in modo funzionale i cambiamenti che la vita può portare. E’ facilmente comprensibile come la transizione alla genitorialità costituisca una fase normativa nel ciclo vitale degli individui e, come l’ingresso di un nuovo membro modifichi ampiamente le relazioni nell’ambito della famiglia nucleare e allargata comportando, quindi, l’inizio di una nuova storia generazionale. Tra i compiti che attendono i neogenitori troviamo:

– la creazione di uno spazio sia fisico che “psichico” per il bambino. Ciò comporterà la modificazione del sistema familiare;

– prendersi cura del bambino, sia in senso affettivo che normativo;

– stabilire solidi ma permeabili confini dentro e fuori la coppia, di modo che la relazione adulto/bambino oppure l’invasione della famiglia allargata, non vada ad inficiare la relazione adulto/adulto mettendo a rischio l’unione coniugale;

– capacità di modulare nella crescita del figlio concessioni ed imposizioni educative sulla base delle sue necessità di separazione/individuazione .

L’espletamento di tutti questi compiti non è di facile risoluzione soprattutto nelle famiglie definite multiproblematiche o, che presentano eventi inattesi che ne hanno modificato profondamente la struttura.

Gli interventi alla genitorialità hanno lo scopo preventivo di andare ad accentuare il patrimonio di risorse che la famiglia possiede, ma che spesso non utilizza o pensa di non avere, a causa del momento stressante che sta attraversando.

Adolescenza

L’adolescenza è la fase di vita interposta tra l’infanzia e l’età adulta, e si caratterizza come un periodo delicato e complesso di trasformazioni fisiche e psichiche rilevanti. Ciò  pone l’adolescente di fronte a compiti di crescita fase specifici (detti compiti evolutivi) che riguardano:

– L’accettazione del corpo che cambia. Dal punto di vista fisico si impone la pubertà (il processo di sviluppo del corpo sessuato), che determina un cambiamento molto rilevante rispetto alla percezione di sé, del proprio corpo, del mettersi in relazione col mondo e della scoperta della sessualità.

– La separazione dai genitori, cioè trasformare il rapporto con i genitori assumendo su di sé alcune funzioni svolte da loro, come la capacità di darsi dei limiti, di fare delle scelte ecc. Spinto dalla crescente ricerca di autonomia affettiva dalla famiglia, il giovane investe molto sul mondo esterno.

– Il rapporto con i pari e con il gruppo dei pari e le figure extra-familiari. Il giovane fa nuovi investimenti perché è alla ricerca di nuovi ‘modelli’, che possano essere più “simili” a lui, o ancora meglio “uguali” a lui. Ciò soddisfa il suo bisogno di conformarsi, e di sentirsi parte di un gruppo, che diventa per lui un nuovo e fondamentale punto di riferimento.

– La costruzione della propria identità, che pone di fronte al grande interrogativo del “chi sono”, chi sono io come soggetto. L’adolescente deve individuarsi come soggetto, cioè costruire un proprio sistema di valori e ideali, fare delle scelte, anche diverse da quelle dei propri genitori, o del contesto in cui vive. 

Sono molti i quesiti che i genitori e i ragazzi fanno emergere. Non esiste una risposta preconfezionata, ma è opportuno valutare attentamente la situazione caso per caso. In particolare, è bene considerare attentamente:

  • la componente sintomatologica, cioè il modo in cui gli adolescenti manifestano il loro disagio, spesso attraverso il corpo e le azioni (ad esempio: abitudini alimentari sregolate -estremi digiuni, grandi abbuffate, forti oscillazioni ponderali-, forme di autolesionismo -tagli, bruciature-, abuso di alcol e sostanze, isolamento sociale, abbandono scolastico).
  • i meccanismi affettivi-emotivi, che si celano dietro a questi sintomi. E’ molto importante mettere a fuoco i motivi soggettivi interni che generano la situazione di difficoltà, cioè l’incidenza delle tematiche adolescenziali sopra descritte (turbamenti identitari, corporei, relazionali, ecc.) e l’intensità della sofferenza di ciascuno.

Gestione dello stress

Lo stress è sempre più considerato un problema importante nella società contemporanea. Esso va inteso come un processo estremamente complesso e caratterizzato da una forte componente di soggettività.

Il cambiamento può essere visto come un percorso che consiste nell’acquisire progressivamente consapevolezza di sé, nell’imparare nuove modalità con cui fronteggiare le difficoltà della vita e nel compiere scelte diverse.

Il percorso “Gestione dello stress” si rivolge a tutti coloro che si trovano in una condizione di stress in alcuni ambiti della loro vita (lavoro, scuola, famiglia, salute, relazioni).

L’intervento psicologico consiste nell’accompagnare la persona in un percorso di conoscenza di sé che le consenta di:

– stabilire un contatto più consapevole con la propria esperienza interiore (pensieri, emozioni, sensazioni fisiche, bisogni);

– imparare a riconoscere i propri segnali di allarme dello stress;

– approfondire la comprensione dell’esperienza relazionale-comunicativa;

– acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie risorse e potenzialità;

– approfondire l’esperienza del rilassamento.

Ciò al fine di favorire l’emergere di nuovi significati personali e di nuove possibilità di scelta che possono portare nella direzione di un cambiamento graduale verso un maggior benessere personale.

Il percorso integra il colloquio psicologico con l’utilizzo di strumenti e metodi volti a favorire l’ascolto e l’approfondimento della conoscenza di sé, quali: le tecniche immaginative, la mindfulness.

Percorsi di crescita professionale

Il potenziale umano, secondo Rogers, dipende dal raggiungimento di uno stadio di sviluppo personale ottimale.

Lo sviluppo ottimale significa che ogni soggetto sano continui a cercare di soddisfare il proprio pieno potenziale, con un atteggiamento fluido di ricerca continua e senza standard fissi.

Rogers in particolare individua sette caratteristiche che permettono lo sviluppo del potenziale umano verso quella che egli definisce una “persona pienamente funzionante”.

  1. Una crescente apertura all’esperienza – le persone pienamente funzionanti si allontanano progressivamente da uno stato di difensività permanente, e non apprezzano gli stati di soggezione.
  2. Un approccio esistenzialmente crescente – vivere ogni momento a pieno – senza il bisogno di distorcere le percezioni per adattarle alla propria personalità o al proprio concetto di sé, ma permettendo alla propria personalità e al proprio concetto di sé (“self-concept”) di vivere quelle esperienze. Il risultato è un crescente livello di energie, di interesse, adattabilità, tolleranza, spontaneità, e riduzione delle rigidità.
  3. Crescente fiducia nell’individuo e fiducia in sé – aumenta la fiducia in sé e nei propri sensi e intuiti, l’abilità di scegliere i comportamenti appropriati per ciascun singolo momento, si riducono le condizioni di ansia decisionale e incertezza. Le persone che sviluppano un buon livello del proprio potenziale personale non hanno l’esigenza di affidarsi incondizionatamente a rigidi codici preesistenti e norme sociali preordinate, ma sono aperti all’esperienza e sanno che potranno fidarsi di sè stessi nel decidere cosa è giusto e sbagliato.
  4. Libertà di scelta – non essendo incatenati dalle prescrizioni che influenzano le persone incongruenti, sono in grado di compiere una grande gamma di scelte con maggiore fluidità. Sono convinti che essi stessi giocano un ruolo importante nel determinare il proprio personale comportamento e si sentono responsabili per i propri comportamenti.
  5. Creatività– il maggiore stato di libertà esistenziale produce maggiore creatività in modo spontaneo. Le persone saranno più creative nel modo in cui si adattano alle proprie personali circostanze senza sentire un bisogno di conformismo.
  6. Affidabilità e costruttività – ci si può fidare sul fatto che queste persone agiranno in modo costruttivo. Un individuo che sia aperto verso tutti i propri bisogni riuscirà a mantenere un equilibrio tra essi. Persino i bisogni aggressivi saranno accompagnati e bilanciati da bisogno di bontà intrinseca che esiste nelle persone congruenti.
  7. Una vita vissuta a pieno (“rich full life“) – Rogers descrive la vita delle persone pienamente funzionanti come moralmente ricca, piena ed eccitante, in cui la persona vive sia esperienze di gioia che di dolore, di amore e di sofferenza, di paura e di coraggio, più intensamente. Si produce in questo modo uno stato di maggiore “capacità di vivere nelle emozioni” opposto ad una “anestesia emotiva costante”. La descrizione di Rogers di “una buona vita” è lontana dalla visione di una vita statica, come osserviamo dalle sue stesse parole: Questo processo di buona vita non è una vita per deboli di cuore. Comprende l’allargamento e la crescita nel divenire più aperti alle proprie potenzialità. Riguarda il coraggio di essere. Significa lanciare se stessi pienamente all’interno del “flusso della vita”.

 

 

Percorsi di carriera

La gestione della carriera lavorativa è uno strumento importante, soprattutto in funzione delle continue richieste di cambiamento nel mondo del lavoro.

Spesso si intende per carriera un percorso lineare, fatto di acquisizione di ruoli di crescente responsabilità. La carriera tuttavia può essere definita anche come un percorso non lineare, l’insieme delle scelte che ciascuno di noi ha fatto nel tempo e lo portano a trovarsi in una certa posizione. Tali scelte non sono casuali, ma derivano dall’insieme delle nostre capacità, dei valori e delle rappresentazioni che abbiamo del lavoro e della vita privata, delle nostre motivazioni. In questo senso la carriera acquista dunque una forma più flessibile, non necessariamente lineare e in un unico senso, ovvero verso l’alto.

In un mondo del lavoro che richiede sempre più flessibilità, in cui le organizzazioni stesse non offrono una continuità e stabilità nel tempo, le carriere lavorative hanno acquisito percorsi vari, non lineari e le persone stesse, come pure le organizzazioni, si trovano a dover fronteggiare questa flessibilità con strumenti necessariamente diversi e centrati maggiormente sulla persona.

 

È possibile sviluppare percorsi di consulenza individuale e di gruppo in cui individuare le strutture portanti relative ai propri valori, ai bisogni, alle competenze e ai talenti al fine di progettare programmi di carriera coerenti con i bisogni organizzativi e del personale.

Viene proposto un percorso con i seguenti obiettivi:

  • analisi della propria carriera lavorativa
  • individuazione delle proprie ancore di carriera
  • definizione dei fattori motivanti/premianti per lo sviluppo della carriera lavorativa
  • definizione di un proprio profilo professionale e confronto con le richieste dell’ambiente organizzativo (ancore esterne).

Tale profilo permetterà di definire un proprio programma di sviluppo di carriera e le possibili strategie per migliore fit tra esigenze organizzative e bisogni del personale.